
Richiamando l’articolo su allenamento aerobico, Il Mito..condrio, voglio discutere i dati raccolti dalle mie due maratone, per evidenziare come l’allenamento aerobico a bassa intensità, interpretato con i giusti criteri e con determinati accorgimenti, porti al raggiungimento di prestazioni “inaspettate” in gare di endurance, attraverso un miglioramento significativo della tecnica di corsa ed all’innalzamento della frequenza cardiaca di soglia anaerobica, rendendola prossima ad una frequenza cardiaca sub-massimale che convenzionalmente si identifica col VO2max.
Ho iniziato la preparazione della maratona a inizio Ottobre, dopo una settimana di completo recupero post IM70.3.
Il mio background atletico vantava 2 mesi di preparazione estiva basati su corse lunghissime e lentissime, percorrendo in media 100/110km di corsa a settimana nei mesi di Giugno e Luglio.
27/11/2016 – Firenze Marathon 2016
Ho preparato la mia prima maratona, la Maratona di Firenze del 27/11/2016, con metodologie di allenamento tradizionale: corsa 4 volte a settimana, inserendo orientativamente un lavoro di ripetute lunghe, un medio a ritmo gara dai 16 ai 21km, una corsa lunga (massimo 2h) ed una corsa di recupero. I lunghi e le corse di recupero sono state gestite ad un ritmo davvero facile per me (circa 2’/km più lente del ritmo maratona), a sensazione, gestendo spesso la respirazione con il naso, a bocca completamente chiusa.
Dopo aver affrontato i due mesi di preparazione alla maratona con estrema facilità e tolleranza dei carichi allenanti, le difficoltà ed il senso di affaticamento sono giunti a 10 giorni dalla gara, dopo uno degli ultimi lavori di ripetute, causando una brutta contrattura al polpaccio ed un significativo affaticamento muscolare ed organico.
Fortunatamente con una settimana completa di massaggi defatoicanti e scarico completo dagli allenamenti di corsa (solo 2 corse lentissime di 1h, con un richiamo di 5’ ad intensità elevata) ho recuperato alla grande, raggiungendo sensazioni ottimali nella corsa di 30’ del sabato pre-gara.
La maratona di Firenze è stata gestita ad un ritmo costante, senza cali, con un lievissimo rallentamento nei km 40 e 41 a causa delle difficoltà del percorso e di un calo di motivazione, vedendo ormai raggiunto l’obiettivo del sub 3h. Il finale è stato gestito a velocità elevata, a dimostrazione di un calo principalmente psicologico, piuttosto che energetico o muscolare.
La frequenza cardiaca media, che in una maratona corsa a ritmo regolare dovrebbe attestarsi poco al disotto della frequenza di soglia anaerobica, è stata 171bpm: come si evince dal grafico la prima metà gara è stata corsa ad una fc inferiore alla media finale, per poi avere un leggero incremento nei km successivi al passaggio della mezza maratona, intorno alla presunta fc di soglia, ed un incremento più significativo della frequenza cardiaca, oltre la fc presunta di soglia, nella parte finale.