Le mie due maratone…Evoluzione della soglia – II

Da Gennaio 2017 ho iniziato ad allenare la corsa in maniera differente e se così si può dire, “anticonvenzionale”; 3 o 4 corse a settimana, di cui due allenamenti infrasettimanali intorno all’ora di corsa continua ed  una corsa nel fine settimana di durata di 1h20′ circa.

Ho gestito quasi tutti gli allenamenti respirando esclusivamente con il naso, utilizzando di rado un cerotto per sigillare la bocca forzando la respirazione nasale; ho inserito in alcune uscite delle leggerissime progressioni aerobiche, senza mai superare la zona di comfort (zona aerobica): nei tratti a velocità più sostenuta infatti riuscivo ad inspirare senza difficoltà esclusivamente dal naso, espirando dalla bocca.

Il ritmo di corsa è stato gestito completamente a sensazione, ed è risultato molto lento, intorno ai 6’/6’15”/km in media; ho coperto quindi circa 45km settimanali.

 

12/03/2017 – Test Mezza Maratona Roma-Ostia

Unica ‘sparata’ a ritmo sostenuto è stato un test di 1h “all out”, eseguito durante la gara su distanza di Mezza Maratona, RomaOstia.

Il ritmo medio è risultato di 3’48”/km: come si evince dal grafico, la frequenza cardiaca media, che in un uno sforzo quasi massimale di un ora dovrebbe essere prossima alla frequenza di soglia anaerobica, si è attestata sui 188bpm.

La sensazione è stata di poter proseguire senza eccessiva difficoltà, mantenendo costante il ritmo, fino al 21esimo km, tollerando quindi per altro tempo la frequenza cardiaca a quei valori elevati ed eventualmente superiori nel finale di gara.

 

02/04/2017 – Maratona di Roma

La Maratona di Roma è stata corsa in condizioni atmosferiche non ottimali; ho gestito la gara in completa progressione con un split negativo di quasi 4′ tra la prima mezza maratona e la seconda, che tra l’altro risulta parecchio più ostile in termini di percorso a causa di sanpietrini e lievi sali-scendi.

La settimana pre gara non è stata affrontata con le accortezze della settimana pre Firenze Marathon, in quanto l’obiettivo era fare un lungo allenante, senza puntare alla prestazione o al Personal Best; non ho effettuato sedute di scarico muscolare, massaggi o fisioterapia, e gli allenamenti sono stati gestiti senza intensità elevate, ma comunque mantenendo i volumi dei periodi di carico invernale.

Le sensazioni durante la gara sono state addirittura migliori a livello organico di quelle di Firenze; la sofferenza è stata davvero poca a livello di respirazione ed affanno, in particolar modo fino al venticinquesimo km riuscivo a parlare senza troppa difficoltà e, volendo, ad inspirare quasi esclusivamente dal naso; negli ultimi 15km la sofferenza è aumentata in maniera significativa, ma soprattutto a livello muscolare, ad evidenziare forse la carenza di allenamenti lunghi e/o a ritmo gara.

La frequenza cardiaca media, che in una maratona corsa a ritmo regolare dovrebbe attestarsi poco al disotto della frequenza di soglia anaerobica, è stata 181bpm: come si evince dal grafico la prima metà gara è stata corsa ad una fc inferiore alla media finale, per poi avere un aumento abbastanza importante nei km successivi ed un ulteriore incremento nel finale di gara, accompagnando la progressione del ritmo di corsa.

Nonostante il ritmo che percepivo abbastanza facile e gestibile nella prima ora e trenta minuti di gara, si evidenzia come la frequenza cardiaca sia stata già dall’inizio superiore di almeno 5 bpm alla fc media della Firenze Marathon, ed addirittura come la fc media della maratona di Roma risulti 10bpm maggiore della 42km corsa nel capoluogo Toscano. Il progressivo e significativo incremento della fc e del ritmo di corsa, i cali pressochè assenti e la tolleranza di una fc media così “elevata” per circa 3h, mi portano a dedurre che non è stata raggiunta, se non nell’ora finale di gara, la fc di soglia anaerobica, che prevede accumulo di lattato nel sangue e conseguente decadimento di prestazione ed intensità del ritmo di corsa.

Conclusioni

La conclusione che risalta ai miei occhi è che attraverso allenamenti aerobici lentissimi, eseguiti curando la respirazione dal naso e la tecnica di corsa (che sono facilmente gestibili e migliorabili con allenamenti ad intensità ridotta), si costruiscano le fondamenta a livello di motore cardiaco/respiratorio che di struttura muscolare/tendinea/legamentosa per la performance in gare di lunga durata.

Lavorando nelle corse a bassa intensità ripetutamente sulla tecnica di corsa (indispensabile in termini di efficienza e, di conseguenza, prestazione nelle gare di endurance) si apprendono gli schemi motori corretti e si fanno propri; rinforzando contemporaneamente (o in parallelo con esercizi specifici “a secco”) le strutture necessarie a supportare la tecnica corretta per un tempo prolungato, pari al tempo di gara o comunque ad una elevata percentuale di esso, si raggiunge l’efficienza necessaria al raggiungimento pressochè certo degli obiettivi.

I dati di frequenza cardiaca evidenziamo inoltre come l’allenamento mediate respirazione nasale sviluppi una tolleranza all’anidride carbonica ed un potere di ossigenazione dei muscoli attraverso adattamenti periferici, che portano all’innalzamento della convenzionale soglia anaerobica, con conseguente capacità di tollerare per periodi di tempo molto lunghi (superiori all’ora) fc prossime al Vomax (o comunque a percentuali superiori al 90% di esso).

Mediante l’allenamento di corsa mirato allo sviluppo ed al consolidamento della tecnica di corsa corretta ed all’utilizzo della respirazione nasale/diaframmatica (la respirazione congenita dell’essere umano), è possibile  sostenere con grande stupore dei ritmi di corsa che non sono stati mai allenati nello specifico e quasi mai raggiunti nei 3-4 mesi di allenamento precedenti la gara.

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